Porti aperti alle navi che trasportano bombe?



La nave saudita «Bahri Yanbu», carica di armi che rischiano di essere utilizzate anche nella guerra 
in Yemen, sta cercando di attraccare nei porti europei per caricare armamenti destinati alle forze 
armate della monarchia assoluta saudita. Dopo aver caricato munizioni di produzione belga ad 
Anversa, ha visitato o tentato di visitare porti nel Regno Unito, in Francia e Spagna, e dovrebbe 
attraccare nel porto italiano di Genova a partire dal 18 maggio prossimo. La nave partita dagli 
Stati Uniti, passata per il Canada prima di arrivare in Europa, ha come destinazione finale Gedda, 
Arabia Saudita, con arrivo previsto il 25 maggio. È perciò reale e preoccupante la possibilità che 
anche a Genova possano essere caricate armi e munizionamento militare; ricordiamo infatti che 
negli ultimi anni è stato accertato da numerosi osservatori indipendenti l'utilizzo contro la 
popolazione civile yemenita anche di bombe prodotte dalla RWM Italia (con sede a Ghedi, 
Brescia, e stabilimento a Domusnovas in Sardegna). 

Esiste quindi il fondato pericolo che i porti italiani accolgano gli operatori marittimi che 
trasferiscono sistemi di armi e munizioni destinati a paesi in conflitto: armi che possono essere 
usate – com’è già accaduto – per commettere gravi violazioni dei diritti umani e che anche 
secondo i trattati internazionali firmati dal nostro Paese non dovrebbero essere consegnate. 
Bombe che alimentano le guerre che a loro volta alimentano le migrazioni che, a parole, tutti 
vorrebbero prevenire aiutando le popolazioni “a casa loro”: una vera follia. 

La vicenda del cargo saudita «Bahri Yanbu» rischia ora di diventare un caso internazionale, 
coinvolgendo anche le autorità italiane. La nave, partita all’inizio di aprile dal porto di Corpus 
Christi, USA, per poi arrivare a Sunny Point, il più grande terminal militare del mondo, il 4 maggio 
ha imbarcato ad Anversa – secondo alcune organizzazioni della società civile belga – 6 container 
di munizioni. L’8 maggio avrebbe dovuto entrare nel porto di Le Havre per caricare 8 cannoni 
semoventi Caesar da 155 mm prodotti da Nexter, ma ha dovuto rinunciarvi per la mobilitazione 
dei gruppi francesi di attivisti dei diritti umani, contrari alla vendita di armi che potrebbero 
essere impiegate nella guerra in Yemen. Si è quindi diretta verso il porto spagnolo di Santander, 
dove è giunta per uno scalo non previsto, presumibilmente per aggirare l’azione legale avviata 
dagli attivisti francesi. Anche qui si sta registrando la mobilitazione di varie associazioni della 
società civile – tra cui Amnesty International, Oxfam, Grenpeace, Fundipau – che si sono 
appellate alle autorità spagnole. 

La «Bahri Yanbu» appartiene alla maggiore compagnia di shipping saudita, la Bahri, già nota 
come National Shipping Company of Saudi Arabia, società controllata dal governo saudita, e dal 
2014 gestisce in monopolio la logistica militare di Riyadh. Anche la tipologia della nave, una delle 
6 moderne con/ro multipurpose della flotta Bahri, ha una chiara vocazione militare, adatta al 
trasporto sia di carichi ro/ro e heavy-lift speciali (ovvero anche mezzi militari fuori norma), sia di 
container. 

Le nostre associazioni hanno ripetutamente chiesto ai precedenti Governi e all'attuale Governo 
Conte di sospendere l'invio di sistemi militari all'Arabia Saudita ed in particolare le forniture di 
bombe aeree MK80 prodotte dalla RWM Italia che vengono sicuramente utilizzate dall'aeronautica 
saudita nei bombardamenti indiscriminati contro la popolazione civile in Yemen. Riteniamo che 
queste esportazioni siano in aperta violazione della legge 185/1990 e del Trattato internazionale 
sul commercio delle armi (ATT) ratificato dal nostro Paese. Il Trattato sul commercio delle armi 
(ATT) impone a tutti i paesi coinvolti nel trasferimento di attrezzature militari (cioè anche nel 
transito e nel trasbordo) verso Paesi coinvolti in conflitti armati di verificare (art. 6.3) se le armi 
trasferite possano essere impiegate per commettere crimini di guerra o violazioni dei diritti umani 
e di conseguenza di sospendere le forniture (art. 7). 

Secondo i rapporti dell'UE sulle esportazioni di armi, gli Stati membri dell'UE hanno emesso 
almeno 607 licenze per oltre 15,8 miliardi di euro in Arabia Saudita nel 2016. I principali 
esportatori europei di armi convenzionali verso l'Arabia Saudita includono Regno Unito, Francia, 
Spagna, Italia e Bulgaria. Tra il 2013 e il 2018, l'Arabia Saudita rappresentava circa la metà delle 
esportazioni militari del Regno Unito e un terzo di quelle del Belgio. Altri paesi - tra cui Svezia, 
Germania, Paesi Bassi e Norvegia - hanno sospeso o iniziato a limitare le vendite di armi alla 
coalizione guidata dall'Arabia Saudita e dagli EAU. In Italia, nonostante il presidente del Consiglio, 
Giuseppe Conte, lo scorso 28 dicembre abbia affermato che «il governo italiano è contrario alla 
vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si 
tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze», nessuna 
sospensione è stata ancora definita e le forniture di bombe e sistemi militari sono continuate 
anche in questi mesi ammontando ad un controvalore di 108 milioni di euro nel solo 2018 (come 
risultante dai dati ufficiali governativi elaborati dall'Osservatorio Opal di Brescia). 

Le associazioni pertanto invitano le autorità competenti a non mettere a disposizione della 
nave Bahri Yanbu lo scalo di Genova. 

Amnesty International Italia - Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile - 
Fondazione Finanza Etica - Movimento dei Focolari Italia - Oxfam Italia - Rete della Pace - 
Rete Italiana per il Disarmo - Save the Children Italia 



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